Che incantesimo serve per uscire da questo labirinto?
N. 2 - Quest'anno ho speso tantissimo tempo a occuparmi della mia salute e non per una visita, ma per una procedura burocratica. Non facevo altro che pensare: perché non può essere semplice?
Questa newsletter stava nascendo inizialmente sul tram verso casa, poi in coworking, poi sul divano nel soggiorno. Ma le mie dita continuavano a scrivere soltanto lettere a caso, una dietro l’altra. Allora ho seguito il consiglio che mi ha dato la Maestra Luisa - un’altra Janara che non lo sapeva - quando ero in quarta elementare: “quando non riesci a fare niente, fai una passeggiata, esci, poi si vede”. E insomma ho provato a uscire, a vedere poi.
Tempo di lettura: circa 9 minuti
Dicembre si presta tanto alle liste di buoni propositi. Io non le faccio da un po’, da quando ho capito che mi mettevano solo malinconia e ansia da prestazione. L’anno però, quello lo ripercorro per forza, tra le foto, le note, le frasi sparse tra le agende varie.
Una cosa che di quest’anno non dimenticherò, che mi ha messa a dura prova, è stato il tempo passato a occuparmi della mia salute: nello specifico, occuparmi delle procedure per avere in un’altra regione un farmaco che assumo giornalmente.
Da gennaio a novembre 2024 ho passato più ore a occuparmi della mia salute che a passeggiare. Ho passato più ore a occuparmi della mia salute che a ballare lindy hop. Ho passato più ore a occuparmi della mia salute che a uscire per una cena, un aperitivo, una qualsiasi cosa da fare fuori dalle mura di casa mia. Questo perché avevo bisogno di risposte e nessuno sapeva darmene.
Quanti farmaci esistono?
I farmaci possono essere classificati secondo vari criteri: modalità di vendita, somministrazione, rimborsabilità. Quest’ultimo criterio è valido in Italia perché abbiamo il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), quindi una sanità non privatizzata - ancora. Se parliamo di rimborsabilità dei farmaci, stiamo rispondendo alla domanda: chi lo paga e chi mi dà il farmaco? I farmaci vengono classificati secondo una fascia. Nella fascia A rientrano i farmaci essenziali e i farmaci per le malattie croniche, rimborsati totalmente dal SSN. Il farmaco che prendo è di fascia A, ma deve prima essere prescritto da una specialista (di neurologia nel mio caso) che lavora nel SSN, attraverso il piano terapeutico. Non è un farmaco che ti prescrive, da sola, la medica di base.
Arrivata a Torino avevo bisogno di capire come rendere valido il mio piano terapeutico, di un’altra regione, anche in Piemonte, così da non perdere la continuità della terapia. La situazione per avere una risposta è stata più o meno questa:
Ho potuto finalmente avere accesso al farmaco perché, tra tutte le persone che ho sentito, c’è stata una farmacia ospedaliera che mi ha dato delle indicazioni: mi ha convalidato il piano terapeutico, mi ha fatto avere accesso al mio diritto di cura. Le cose a novembre sono ancora cambiate, ma questo adesso non ci interessa.
Per 3 mesi ho avuto paura di restare senza farmaco. Da febbraio a giugno ho cercato risposte su una procedura medica per cui nessuno aveva informazioni chiare.
Un labirinto senza uscita
Mentre vivevo la mia situazione, che mi costava fatica e tempo, ho addirittura sentito il senso di colpa. “È colpa mia se vivo una situazione per cui non mi sanno dare risposte; sono io che gli creo problemi”. Che cosa assurda e allo stesso tempo rivelatoria. Quando hai una malattia cronica non vuoi prendere spazio, eviti di prendere spazio, perché hai da sempre capito che spazio per te non ce n’è. Se hai una malattia cronica sai di dover organizzare la tua vita anche in funzione di essa, scegliendo con cura le parole, i tempi, i modi, così da evitare pregiudizi e pietà.
E qui la colpa: senti di essere troppo, di stare chiedendo troppo. Non tanto perché non ti vuoi bene, ma forse perché te ne vuoi in modo diverso. Quel bene che ti vuoi, ti porta a dirti: “Non ce la faccio a trovare ancora soluzioni, sono stanca, mi accontento”.
E se non volessi più accontentarti? Se non potessi accontentarti, perché c’è un farmaco che devi prendere il giorno dopo e ancora non sai come?
Tutto questo assomiglia un po’ all’atletica, all’ultimo sprint nei 100 mt ma ripetuto ancora e ancora e ancora. Una malattia cronica non è solo malattia e tempo, è fatta di tanti elementi in più: ricerca costante di informazioni corrette, organizzazione della vita e incastri di visite, monitoraggio dei sintomi. I miei personali 100 mt di corsa continua, vissuti per capire come garantirmi un farmaco anche a Torino, mi hanno fatto vedere con ancora più chiarezza quanto è difficile trovare informazioni giuste, capire come organizzare una visita medica, avere dei riferimenti.

Il riferimento, in uno dei suoi significati, è “un elemento a cui ci si rapporta per orientarsi o per determinare una posizione relativa” (Treccani). Avere un riferimento significa avere un punto fermo a cui sappiamo di poter fare affidamento, se abbiamo bisogno di ritrovarci, di avere informazioni, di direzionarci nel mondo.
Mi ricordo che nel mio paese il riferimento era presto fatto: era una persona del cortile, o a livello più ampio del paese, che sapeva tante cose o aveva accesso a informazioni che ti servivano. Una persona che ti offriva aiuto. Quelle informazioni potevano derivare dal suo lavoro o da esperienze di vita che gli avevano fatto guadagnare le informazioni che ridava a te. Era molto comune vedere persone che si sentivano o che parlavano per scambiarsi informazioni su come fare qualcosa, perché l’esperienza altrui diventava il tuo accesso all’informazione. A Bucciano, ad Airola, nell’entroterra della mia provincia, se dovevi fare una visita medica facevi riferimento a chi l’aveva già fatta o a chi lavorava in ospedale, che ti spiegava per filo e per segno cosa dovevi fare. Ti accompagnava. Se perdevi la direzione, era il paese il tuo riferimento. Il paese si intersecava e si faceva persona, si concretizzava in una forma che aveva una bocca, che aveva degli occhi, che instaurava con te una relazione. Si faceva accessibilità.
Quello che mi è mancato nel percorso di accesso alle informazioni è stata la direzione: non esiste una guida, un modo chiaro di reperire ciò che ti è necessario, che non sia scritto in modo oscuro e difficile. Viviamo in uno Stato in cui esiste il Servizio Sanitario Nazionale, ma la sanità non è pubblica: non esiste l'orizzontalità delle informazioni, non si prova a usare chiarezza nella scrittura e nella formalizzazione delle procedure.
Quindi dove vai a finire se non hai il paese che diventa persona? Finisci in un labirinto senza un’uscita apparente, finisci con l’acqua alla gola per tre mesi - se ti va bene - per reperire informazioni accessibili su come rinnovare un piano terapeutico.
Hai una medica di famiglia? Hai una specialista? Confronti le informazioni e spesso non sono coerenti. Hai una connessione a internet, cerchi risposte? Troverai solo definizioni. Con le definizioni non rinnovi i piani terapeutici. Con le guide scritte per le persone, sì.
I bisogni sono il riferimento
Secondo lo studio Preferences and Experiences of People with Chronic Illness in Using Different Sources of Health Information1 (Preferenze ed Esperienze di persone con malattie croniche nell’uso di differenti fonti di informazione per informazioni sanitarie) condotto su un campione della popolazione tedesca, le persone con malattie croniche dipendono tanto da un’adeguata health literacy - che potremmo tradurre come consapevolezza medica/sanitaria - ma riportano spesso difficoltà nell’accedere, comprendere e mettere in atto queste informazioni. In più, la richiesta di informazioni cambia e diventa più estesa man mano che aumenta anche la complessità delle condizioni mediche.
Lo studio riporta un’altra informazione importante: nella scelta delle fonti diverse di informazioni, sono quattro i temi generali che influenzano la scelta. Tra questi, la comprensibilità delle informazioni e il tempo. I focus group riportano un grande dispendio di tempo nella ricerca delle informazioni online, che sono più immediate ma spesso non danno i risultati sperati:
“But then one page leads to another page and another and there’s more and more information (...) and you continue reading and suddenly there are 1000 tabs open and at the end you’re just confused.”
traduzione in italiano:
“Ma poi una pagina porta a un’altra pagina e a un’altra ancora e ci sono sempre più informazioni (…) e tu continui a leggere, e all’improvviso hai 1000 schede aperte e alla fine sei soltanto confusə”.
Per quanto riguarda la comprensibilità delle informazioni che danno i medici, una parte dello studio mi colpisce. I partecipanti ai focus group affermano che i medici si esprimono ancora in un linguaggio poco chiaro e con troppi termini tecnici; alcune persone arrivano a pensare che lo facciano di proposito.
Non mi è difficile crederci: nella mia esperienza, le chiamate subivano sempre un cambio drastico appena io avanzavo con le informazioni che avevo, varie, di più fonti, mixate tra orale e scritto. Dall’altro lato del telefono, del vetro o della mail, il linguaggio diventava sempre più difficile e pieno di parole incomprensibili - spesso latine o inglesi - oppure si faceva riferimento a vari decreti regionali. Questo cambio sembrava essere dovuto al fatto che il paziente deve restare paziente e lo specialista, specialista. Quasi a dire: l’autorità è mia, non posso darti informazioni ma non puoi mettere in dubbio ciò che ti dico, perché io godo di un grado di importanza più alto del tuo.
Perché abbiamo paura che le persone diventino consapevoli? Perché abbiamo paura a fornire informazioni? Se il linguaggio medico diventasse meno oscuro e se le procedure mediche fossero più chiare, potremmo condividere il sapere e contribuire noi stesse, come popolazione, all’aumento della consapevolezza medica delle persone.
Una popolazione senza informazioni chiare non può prendere decisioni; vive frustrazione, non ha più fiducia e non ha riferimento. Perde direzione. Perde diritti.
Nel mio paese prima di tutto si rispondeva alla domanda: “comm m’aggia curà?”, “come mi devo curare”.
E le istituzioni, quando invece si prenderanno cura?
Dentro e fuori il cortile
Sto finendo di leggere Storia della bambina perduta, l’ultimo libro della saga de L’amica geniale: più lo leggo e più capisco che era proprio ora il tempo giusto per toccare queste pagine. Sta facendo saltare fuori mille sentimenti, mi tiene attaccata a ogni riga. Magari ne scriverò, perché fa assai rumore.
- sulle violenze di genere online andrebbe letto e riletto ogni volta che pensiamo di distinguere online da reale: non esiste una gerarchia delle violenze, la violenza di genere online esiste e ha effetti concreti.
Sei una donna cisgender, una donna transgender, un uomo transgender o una persona non binaria con cervice? Rispondi a questo sondaggio di Brescia Checkpoint (citofonare
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Buone feste, ci rileggiamo a gennaio - prendiamoci cura di noi in questi giorni, che possono anche essere triggeranti e difficili.
Gille S, Griese L, Schaeffer D. Preferences and Experiences of People with Chronic Illness in Using Different Sources of Health Information: Results of a Mixed-Methods Study. Int J Environ Res Public Health. 2021 Dec 14;18(24):13185. doi: 10.3390/ijerph182413185. PMID: 34948792; PMCID: PMC8701113.