Una cucina tutta per sé
N. 5 - Di come pratiche alimentari e genere si intersecano, in un disequilibrio di potere e narrazione
In questo numero:
Le intersezioni tra cibo e potere, le rappresentazioni femminili nelle pratiche alimentari e un po’ di news dal cortile
Una settimana fa ero a Milano per vedere la mia migliore amica. Eravamo entrambe in cucina, stavamo cenando e a un certo punto lei taglia un pezzo di formaggio. Da lì inizia la riflessione di oggi.
Taglia il formaggio e iniziamo a pensare: chi è che tagliava il cibo in casa nostra? Le nostre nonne, le nostre mamme, naturalmente. Eppure… eppure. C’erano cibi che tagliavano le donne della nostra casa, mentre altri che andavano nelle mani degli uomini. Il pane, ad esempio, se penso a casa mia: ho nitida davanti a me questa scena di mio nonno che prende il pane, lo taglia per me e mia nonna ma quando arriviamo alla frutta, lì è mia nonna che taglia la mela a lui.
Ho iniziato a fare ricerche pensando a una sola cosa: qual è la vera semiotica dietro tutto questo? Che narrazione abbiamo fatto nel tempo delle donne attraverso il cibo?
Il regno delle donne
In questi giorni ho cercato assiduamente fonti, da articoli a libri, che mi aiutassero ad andare un po’ più in profondità nel rapporto tra alimentazione, cibo e genere.
Mi imbatto pochi giorni fa in un saggio di Lorena Carrara, PhD in Human Sciences all’Università di Modena e Reggio Emilia, dal titolo “Le pratiche alimentari nelle rappresentazioni del femminile in letteratura”.1
Il saggio parte da sequenze narrative tratte da autori rappresentativi del canone letterario occidentale e le utilizza per individuare i tratti fondamentali delle rappresentazioni femminili stereotipate in relazione alle pratiche alimentari. Il punto di partenza è fondamentale per comprendere quanto la cucina, intesa come spazio, sia stato in realtà nel tempo un ingannevole luogo di potere femminile - a causa del patriarcato e di ciò che esigeva dalle donne. Lorena Carrara dice infatti che:
“Le donne […] attraverso il cibo esercitano un potere sulla prole e sul marito, perché da loro dipendono l’appagamento o la salute dei membri della famiglia, ma esercitano questo potere da una posizione di subordine, all’interno di un ambito ben circoscritto da tradizioni patriarcali e con la funzione primaria di accontentare gli altri, mettendosi in secondo piano”.
E se ci ripenso, mia nonna non cucinava per sé, ma cucinava per me, per gli altri, per i mille ospiti che senza preavviso si ritrovava in casa; nessuno la interpellava, perché sapevano che avrebbe acconsentito a sfamare tutte le persone. Mia nonna, d’altronde, costretta a leggere il suo valore solo attraverso il lavoro, accontentava le persone mossa da una dualità di compiacimento e asservimento.
Anche la nonna di cui porto il nome, cresciuta con una sorte altrettanto infausta ma per altri motivi, si ritrovava ad accontentare gli altri mettendosi in secondo piano. Più che nella cucina, lei esplicava la sua sorte di donna attraverso la cura e l’accudimento - dopo aver accudito, oltretutto, altri bambini nella sua classe elementare.

Le narrazioni plasmano il nostro immaginario e il modo attraverso cui leggiamo il mondo. Lorena Carrara, prima di addentrarsi nei vari topoi, lo ribadisce citando Jerome Bruner, “che mostra fino a che punto il racconto e la narrazione possano plasmare gli strumenti cognitivi indispensabili per interpretare la realtà, arricchire i propri schemi mentali e comprendere sé stessi e gli altri.”
Leggere determinate rappresentazioni - anche di finzione- ci aiuta a mettere in connessione esperienze, sensazioni e costruzione di conoscenza; da qui l’idea che le donne di cui abbiamo letto, sotto una lente androcentrica, hanno contribuito a plasmare gli stereotipi di rappresentazioni femminili che ancora oggi persistono.
Madre, santa, strega
Nel saggio, Carrara ci propone attraverso stralci di letteratura - da Saba a Calvino, fino ad arrivare a Marquez - le rappresentazioni femminili stereotipate, vive ancora oggi, che nascono e si nutrono proprio a partire da pratiche alimentari.
Attraverso il cibo gli autori ci rappresentano donne che a volte convergono sulla norma, altre volte la sovvertono dall’interno.
La cosa interessante è che tutti i ruoli di sovversione che vengono raccontati, sono ancora oggi legati a un immaginario cattivo, osceno. Un uomo che si ribella è spesso un uomo che vuole sovvertire i ruoli di potere e lo fa per il bene, aspirando a salvare la collettività. Le donne che attraverso la cucina si ribellano, stonano e vengono così depositate in una semiotica di gesti e pratiche cattive, meschine, arrivate fino a noi come cattivi esempi.
Dalla buona madre alla vergine, dalla seduttrice all’avvelenatrice: sono queste alcune delle rappresentazioni su cui si focalizza il saggio e le esplora per capire quale sia lo sguardo e il lessico attraverso cui vengono raccontate.
Attraverso lo studio riusciamo a capire come, nella letteratura occidentale, lo sguardo - e di conseguenza le parole - con cui gli autori guardano alle donne è asimmetrico e androcentrico. Anche le figure retoriche e le metafore che vengono utilizzate, dice Carrara, sono in linea con questa rappresentazione e visione stereotipata del femminile:
abbiamo la buona madre e nutrice, quando accoglie, ristora e coccola col cibo, mentre abbiamo la seduttrice, quando la donna diventa golosa e esuberante. C’è poi la donna che diventa pericolosa strega e avvelenatrice - quando utilizza i gesti usuali della cuoca ma sovvertendoli per usarli contro chi ha di fronte - oppure la ribelle, nel momento in cui una donna osa sfidare le leggi scritte e determinate.
Questi sono i ruoli e le rappresentazioni del femminile che fino a oggi hanno attraversato - e attraversano - la nostra letteratura e che contribuiscono ad alimentare una visione delle donne stereotipata, visione che arriva a noi e si insinua nelle nostre interpretazioni del mondo.
Dalla padella alla brace
Un altro elemento che mi aiuta a portarvi in questa riflessione lo ritrovo mentre scorro gli articoli che parlano della cucina come luogo e dell’accesso delle donne a essa. Siamo portate a pensare, per la narrazione circoscritta che ci viene data, che da sempre la cucina sia il luogo delle donne. Eppure, non è sempre stato così.
Dal punto di vista professionale, è dal Rinascimento che le donne iniziano a entrare nelle cucine, luogo adibito piuttosto alla presenza di chef - uomini - che sapevano maneggiare meglio cibi eleganti e delicati.

Le donne entrano nelle cucine professionali ma con l’appellativo di mère2, non di chef. Esempio lampante di come non basti avere accesso a un luogo, quando il linguaggio continua a perpetuare la tua subordinazione.
Ancora oggi nel linguaggio rivediamo una subalternità della donna, relegata a una sfera di accudimento: parliamo spesso dello chef anche se di una trattoria, mentre parliamo di cuoca quando ci riferiamo a una figura femminile (esempio più lampante: la cuoca della mensa).
E se ci spostiamo un po’ più in là dei fuochi e delle padelle, arriviamo a un’altra rappresentazione di come le pratiche alimentari siano influenzate dal genere: la pasta e i dolci li cucinano le donne, mentre la brace la fa il padre o uno qualsiasi degli uomini di casa.
Questi sono solo alcuni degli elementi che, all’interno dell’antropologia alimentare, ci aiutano a comprendere come le pratiche alimentari siano intrinsecamente legate al genere e quanti dei topoi letterari di oggi prendono vita - direi allora si nutrono - della visione maschile su di noi.
L’angelo del focolare
Un’altra metafora sempreverde è quella che vede la donna - ancora una volta in veste di accudimento - come l’angelo del focolare. Questo elemento si collega all’alimentazione in quanto prima il camino era uno dei punti centrali dove prendevano forma le pratiche alimentari (pensate alle patate cotte nella cenere, o ai fagioli cotti nella terracotta). L’espressione “angelo del focolare” prende piede nel XIX secolo e deriva dall’ideale vittoriano della donna come custode della moralità familiare. È legata in particolare all’opera di Coventry Patmore, poeta inglese che nel 1854 pubblica il poema The Angel in the House, dedicato alla moglie.
Il testo ci propone una figura che ricorda quella di madre e vergine del saggio di Carrara, ovvero una donna devota, sottomessa al marito e dedita alla cura della casa. L’immagine dell’angelo del focolare piace molto alla società occidentale e si diffonde presto, diventando un vero e proprio modello imposto a cui le donne devono aderire. È nel Novecento che questo concetto viene aspramente criticato e osteggiato, con l’avanzare delle lotte femministe. È emblematico l’uso che Virginia Woolf ne fa nel suo saggio del 1931 Professions for Women, dove denuncia la necessità per le donne di uccidere l’angelo del focolare per poter affermare la propria indipendenza intellettuale e professionale.
La cucina diventa quindi nel tempo il luogo da dove, una volta entrate, le donne non escono più. Vengono raccontate, relegate, penalizzate attraverso uno sguardo altro. Ma se questo sguardo così imperante ha avuto la forza di plasmare le narrazioni fino a oggi, non è forse arrivato il momento di riprenderci la nostra storia?
Non ho mai visto mia nonna Lucia fare il pane, né ho mai visto mia nonna Virginia accudire suo suocero e sua zia; so di certo, però, che oggi rivendicherebbero ogni gesto fatto in quelle mura, in quel cucinino costruito per una sola persona, per urlare forte che se anche l’occhio dell’uomo ci ha raccontate, sono le loro mani che hanno fatto la storia.
Dentro e fuori il cortile
Il 21 marzo esce Furesta, il nuovo album di LA NIÑA. Lo sto ascoltando ora in preascolto e non vedo l’ora che possiate ascoltarlo anche voi. Una voce per le donne meridionali di cui avevamo necessità, un canto corale che ci avvolge tutte e tutti. Ne scriverò presto su Le Rane!
Dispari è il nuovo podcast del Pink Coworking in cui parliamo di Gender Pay Gap, per prepararci all’incontro del 27 marzo, alle 18, all’interno del Palinsesto Democrazia Diffusa di Biennale Democrazia a Torino. Ci vediamo lì? Puoi iscriverti a questo link.
Lorena Carrara, Le pratiche alimentari nelle rappresentazioni del femminile in letteratura / Paper Nurses. Food Practices in the Representations of the Feminine in Literature - AG About Gender-International Journal of Gender Studies, Vol. 10 N° 19 anno 2021 pp. 324-353
traduzione: madre
Che viaggio, Virginia! Grazie, mi ha fatto ripensare ai gesti dei miei nonni e dei miei genitori, la disparità di genere anche in cucina. Ma anche tanto amore, a modo loro.